E niente, l'EUR è una trappola geometrica.
Attraversare distrattamente questo quartiere con la reflex al collo vuol dire essere risucchiati in un mondo surreale denso di rette parallele e perpendicolari, angoli perfetti, poligoni scolastici, ripetizioni ipnotiche ed apparentemente infinite.
Si ha l'impressione di essere stati catapultati attraverso l'iperspazio per giungere in un piccolo universo non contiguo a ciò che lo circonda, che ha un aspetto austero e quasi asettico, ma allo stesso tempo solenne e grandioso.
La zona monumentale è più affascinante durante il sabato e soprattutto la domenica, giornata in cui l’assenza quasi totale della presenza umana le conferisce ancor di più l'aspetto di una città abbandonata in fretta dopo una catastrofe planetaria.
Diversamente, nel resto della settimana l'EUR è il simbolo della cafonaggine italiana, affogato in un mare solido di lamiere e pneumatici, abbandonati in ogni dove dalla plebaglia romana.
Della quale anche io faccio parte, visto che per lavoro mi è capitato più di una volta di contribuire allo scempio.
Non c'è stato bisogno di impegnarmi molto nel cogliere le migliori inquadrature, perché la reflex è andata da sola, sembrava viva e sospesa nel vuoto, come guidata da una livella invisibile.
Si è allineata perfettamente all'orizzonte ed alle linee verticali, come fosse attratta da un campo magnetico che l’ha obbligata a far parte della perfezione geometrica che la circondava.
In fondo, è come se queste foto non fossero mie, io ho solo premuto il pulsante della mia reflex per azionare l’otturatore e portare a casa lo scatto. Null’altro.
Invece, la parte più difficile è stata di riuscire ad evadere da quel labirinto geometrico, non riuscivo ad infrangere il rigore assiale nel quale erano incastonati gli edifici che mi circondavano.
Ma è bastato prendere in pieno una delle celebri buche delle strade di Roma con la ruota anteriore del mio motorino.
La volgarità delle imprecazioni che hanno risuonato attraverso le mie corde vocali mi ha riportato alla realtà.
Facendo volar via alcuni uccelli posati sui rami di un albero vicino.
Aprendo un varco scurrile in quel mondo metafisico.
E sono scappato via.
Attraversare distrattamente questo quartiere con la reflex al collo vuol dire essere risucchiati in un mondo surreale denso di rette parallele e perpendicolari, angoli perfetti, poligoni scolastici, ripetizioni ipnotiche ed apparentemente infinite.
Si ha l'impressione di essere stati catapultati attraverso l'iperspazio per giungere in un piccolo universo non contiguo a ciò che lo circonda, che ha un aspetto austero e quasi asettico, ma allo stesso tempo solenne e grandioso.
La zona monumentale è più affascinante durante il sabato e soprattutto la domenica, giornata in cui l’assenza quasi totale della presenza umana le conferisce ancor di più l'aspetto di una città abbandonata in fretta dopo una catastrofe planetaria.
Diversamente, nel resto della settimana l'EUR è il simbolo della cafonaggine italiana, affogato in un mare solido di lamiere e pneumatici, abbandonati in ogni dove dalla plebaglia romana.
Della quale anche io faccio parte, visto che per lavoro mi è capitato più di una volta di contribuire allo scempio.
Non c'è stato bisogno di impegnarmi molto nel cogliere le migliori inquadrature, perché la reflex è andata da sola, sembrava viva e sospesa nel vuoto, come guidata da una livella invisibile.
Si è allineata perfettamente all'orizzonte ed alle linee verticali, come fosse attratta da un campo magnetico che l’ha obbligata a far parte della perfezione geometrica che la circondava.
In fondo, è come se queste foto non fossero mie, io ho solo premuto il pulsante della mia reflex per azionare l’otturatore e portare a casa lo scatto. Null’altro.
Invece, la parte più difficile è stata di riuscire ad evadere da quel labirinto geometrico, non riuscivo ad infrangere il rigore assiale nel quale erano incastonati gli edifici che mi circondavano.
Ma è bastato prendere in pieno una delle celebri buche delle strade di Roma con la ruota anteriore del mio motorino.
La volgarità delle imprecazioni che hanno risuonato attraverso le mie corde vocali mi ha riportato alla realtà.
Facendo volar via alcuni uccelli posati sui rami di un albero vicino.
Aprendo un varco scurrile in quel mondo metafisico.
E sono scappato via.
PS: a tutti coloro che volessero sfruttare l’oggettiva bellezza dell‘EUR per affermare che “lui ha fatto anche delle cose buone”, vorrei preventivamente ricordare che “lui” ha fatto soprattutto cose cattive.












